Davanti a questa massiccia domanda, i buonevoglie non bastavano più in numero; e si prese l’abitudine d’imbarcare “forzati” che erano o schiavi “turchi” o criminali comuni condannati.
Si diede dunque ai tribunali l’ordine di dirigere i più forzuti fra i condannati, non più verso le prigioni, ma verso le galere di Marsiglia. Ogni anno, in media nel tardo ‘600, 1000 uomini vi giungevano provenienti da tutto il Regno. Almeno teoricamente, la soluzione era vantaggiosa per ambedue le parti: per lo Stato, si trattava di una manodopera gratuita e ridotta all’ubbidienza più assoluta.
E pure i galeotti (chiamati così da “galea”) vi trovavano il loro tornaconto perché la sorte di rematore, per quanto dura, era preferibile, meno dannosa alla salute che crogiolare in prigioni che erano veri e propri luoghi di morte certa. E le statistiche (per quanto siano affidabili) ci confermano che la mortalità era infatti molto più bassa sulle galere (su cui, almeno, si viveva all’aria aperta) che non nelle carceri.
I “grandi” criminali erano d’altronde l’eccezione nelle galere; perché, l’abbiamo visto nell’articolo sulle Esecuzioni a Parigi, pochissimi i reati di sangue che scappavano all’esecuzione. I condannati che si ritrovavano nella ciurma erano, in stragrande maggioranza, ladri, vagabondi, cacciatori di frodo e così via.
Nei bagnes di Tolone (e anche di Brest, in Bretagna e di Rochefort, sulla costa atlantica) la ciurma fu impiegata nei cantieri navali della marina di guerra. Si rilegga la triste vicenda di Jean Valjean (nei Misérables di Victor Hugo) per capire qual era la triste sorte dei condannati al bagno penale.
A partire dal 1852 furono chiusi, e i criminali più duri inviati nelle colonie penali della Nuova Caledonia e, soprattutto, della Guiana. Le condizioni di vita vi erano disumane, la mortalità elevatissima. Dopo campagne umanitarie, il bagne, erede delle galere, fu definitivamente chiuso nel 1938.
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