Il mio arrivo a Paris, tra pioggia, divergenze culinarie… e musica

19 giugno 2013. Ore 16.15. Il TGV proveniente da Milano Centrale arriva a destinazione: PARIS Gare de Lyon.

La mia avventura parigina iniziò così, in una calda giornata estiva.

Calda.
In Italia…
A Parigi mi accolse un cielo grigio e una continua finissima pioggia. E tra tutte le mie borse e valigie, l’ombrello non era certo la cosa più a portata di mano.
Rinnovato il pass navigo settimanale (era mercoledì ma mi conveniva fare subito l’abbonamento), mi avviai piano piano verso casa, sotto il peso dei bagagli ma con la leggerezza del nuovo mondo.
Il mio primo appartamento si trovava vicino Place d’Italie, una strana combinazione che mi fece sentire da subito non troppo lontana da casa. Avevo trovato una stanza in subaffitto tramite un’amica di un mio amico, libera solo per tre settimane: il tempo di ambientarmi e cercare “in loco” una sistemazione più stabile. Questi i miei propositi.
Non c’era il roaming free in tutta Europa come oggi, e sul mio nuovo smartphone potevo usare internet solo in wifi, quindi giravo con un valigione, un trolley, uno zaino, borsa e marsupio, e un pezzo di carta con una specie di google maps stampato e qualche indicazione per orientarmi un po’. Beh, insomma, pioggia a parte, tutto sommato non ci misi molto ad arrivare: sesto piano incredibilmente CON ascensore (all’epoca mi sembrò normale, solo in seguito mi resi conto che fui estremamente fortunata).
Ricordo ancora quando suonai alla porta dell’appartamento: la mia futura coinquilina non c’era, mi aprì il suo ragazzo. Due parole in un francese stentatissimo e mi sistemai in camera.

Una bella doppia, con mobili vintage, un piumone rosso, invernale direi – ed era giugno – una finestra con affaccio sui tipici palazzi parigini, e l’immancabile parquet scricchiolante.
Adorai subito quella stanza, l’inizio ideale per la mia vita parisienne.

Dopo un paio d’ore dal mio arrivo, qualcuno bussò alla mia camera. Aprii guardando dritta davanti a me, e dovetti subito abbassare lo sguardo per centrare l’immagine di quella piccola francesina che aveva bussato.
La mia coinquilina, una ragazza minuta, dai tratti tipicamente francesi (ora, non chiedetemi quali sono i tratti tipicamente francesi. Era palesemente francese e basta), con occhi vispi ed un sorriso che esprimeva simpatia. Si presentò e mi illustrò un po’ il funzionamento della casa: stoviglie, lavatrice, doccia, frigorifero. Consuetudini tra colocataires.
Non avendo io ancora fatto spesa né niente, la mia coinquilina e il suo ragazzo mi offrirono gentilmente un piatto di pasta. E fu allora che ebbi il primo impatto traumatizzante con le abitudini culinarie francesi.
Io, che vado matta per il parmigiano, ne metto fin troppo in ogni piatto di pasta, addirittura lo metto a volte nella pasta col tonno… Ebbene, io, proprio io, mi vidi presentare, invece del parmigiano grattugiato, una busta di EMMENTAL in scaglie!!!
Cioè. No.
Seppur con tanta buona volontà abbia provato a metterlo sulla pasta e assaggiarlo, confesso che era qualcosa di talmente immangiabile che non riuscii a finire il piatto. Magari a qualcuno piacerà, anche in Italia, ma a me proprio no, mi spiace.
A parte questo piccolo disguido culinario, la convivenza quelle settimane fu abbastanza pacifica. Anche perché, in effetti, non è che comunicassimo molto io e la mia coinquilina: avevamo orari diversi, diciamo così.
Ricordo solo un paio di episodi in cui odiai profondamente quel fare che hanno alcuni Francesi di non capirti se non hai una pronuncia perfetta. Insomma, se ti dico magazine invece di magasin, eddai su.

Ma sfatiamo un mito

I Francesi non fanno finta di non capire quando parli!

Quando sento dire dagli italiani (che magari sono stati in Francia sì e no una volta, SE ci sono mai stati) quanto sono insopportabili i Francesi perché se non parli francese fanno finta di non capire… Beh, sinceramente io non avuto proprio questa esperienza.
A parte qualche episodio più unico che raro, ho trovato sempre persone molto disponibili e aperte, che hanno compreso il mio francese dei primi tempi, non certo perfetto, non solo sforzandosi di capire laddove io veramente arrancavo, ma senza neanche farmelo pesare!
Anzi, quando mi scusavo per il mio francese, erano tutti pronti a confortarmi e a dirmi che comunque si capiva quello che volevo dire, quindi di non preoccuparmi. Ho avuto quasi il problema inverso, cioè io speravo che i Francesi mi correggessero di loro iniziativa, invece mi lasciavano parlare perché tanto più o meno capivano.
Detto ciò, anche la mia prima coinquilina fu abbastanza comprensiva e paziente con me, e fu lei che mi fece scoprire un evento assolutamente da non perdere:

Ormai tradizionale un po’ in tutta Europa, l’evento è festeggiato ogni anno il 21 giugno, che sia weekend o feriale. E capitava proprio a fagiolo due giorni dopo il mio arrivo! Fu così che il venerdì mi ritrovai a zonzo per la città, di sera, in una delle mie prime esplorazioni di Paris: armata di felpina, mi immersi subito nelle luci della Ville Lumière.

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