Tra i protagonisti del «Grand Siècle», Gabriel de La Reynie (1625-1709) è ben lontano dal figurare tra i più conosciuti (fu solo nel 1982 che gli fu dedicata una via a Parigi).
Il che è un’ingiustizia, perché è stato La Reynie a dotare Parigi di una polizia, a partire dal 1667. Anzi, si può dire che la polizia, in senso moderno, l’ha inventata lui.
La situazione a Parigi nel XVII secolo
Gli arcieri
Fino a metà ‘600, quel che noi chiamiamo «polizia» non c’era. A Parigi, come nelle altre capitali, il Re serbava un corpo di «archers» (arcieri) nello Châtelet, una vera e propria rocca che serviva insieme da guarnigione, da tribunale e da carcere.
Non sarebbbe assurdo paragonare il ruolo dello Chatelet a Parigi con quello di Castel Sant’Angelo a Roma durante il medioevo, o del Castello Sforzesco a Milano prima che fosse adibito a residenza signorile.
Lo Châtelet si ergeva sulla riva nord della Senna, proprio al centro della città. Gli «archers» erano organizzati come soldati, e la loro missione era innanzitutto di assicurare il potere reale, reprimendo (brutalmente) sul nascere ogni tumulto, ogni sovversione. La lotta alla criminalità faceva anche parte delle loro attribuzioni, ma veniva decisamente in secondo piano. D’altronde, gli «archers» non avevano i mezzi tecnici né la formazione giuridica e criminalistica necessaria per condurre un’inchiesta; e se ne preoccupavano, comunque, pochissimo.
Gli sbirri
L’applicazione delle decisioni di giustizia incombeva agli “exempts” (=sbirri), sotto gli ordini dei 16 commissari di Parigi. I commissari non erano “poliziotti” (nel senso moderno del termine) ma magistrati, giudici, che davano ordini agli “exempts”, senza preoccuparsi di come venivano eseguiti. La loro competenza era strettamente territoriale: al criminale perseguito da un commissario bastava varcare i limiti del quartiere per essere in sicurezza!
Molti “archers”, e anche “exempts” erano soldati riformati che ritrovavano, nella lotta alla criminalità, i riflessi di violenza acquisiti sui campi di battaglia. Brutali, e spesso ubriaconi e disonesti, “archers” et “exempts” erano poco efficaci, e tanto odiati quanto disprezzati dalla popolazione.
La sorveglianza borghese
Inoltre, questo sistema funzionava solo di giorno. Per la notte, l’edilizia aveva messo in piedi il «guet bourgeois» (letteralmente: la sorveglianza borghese). Fino al 1750, ogni artigiano o bottegaio aveva l’obbligo, due notti al mese, di pattugliare le strade del suo quartiere, con dieci suoi colleghi. Per questi pacifici borghesi, andare in giro per vicoli non illuminati alla ricerca di criminali era più di una corvée: un incubo a cui ogni mezzo era lecito per scappare. L’inefficienza, e la codardia, del guet erano leggendarie. Si raccontava che i soldats du guet camminavano facendo il più rumore possibile per dare ai signori banditi tutto il tempo necessario per fuggire. E quando si imbattevano in una banda di malfattori sordi o audaci… ebbene, se quelli non erano troppo numerosi o minacciosi, li arrestavano. Sennò… è capitato più volte che i borghesi del guet se la siano data a gambe levate.
«Se uno il coraggio non ce l’ha, non se lo può dare.»
Il risultato era che a Parigi la criminalità imperversava quasi indisturbata; si stima che, verso il 1650, nemmeno il 10% dei delitti veniva punito dalla giustizia. E pazienza per quelli abbastanza incoscienti per andare in giro nelle strade dopo il tramonto. Non c’era mattina in cui non si raccogliesse un cadavere sulla carreggiata, o flottante sulla Senna. Peggio ancora: la mala era riuscita a instaurare una vera e propria contro-società: la Cour des Miracles (corte dei miracoli), così chiamata perché quando la raggiungevano, i mendicanti si spogliavano delle loro ferite fasulle.
Va detto che tali condizioni vigevano allora in pressappoco tutte le grandi città d’Europa, da Londra a Napoli, da Siviglia a Stoccolma. Ma Parigi, con mezzo milione di abitanti ammucchiati in condizioni igieniche disastrose, era, in parità con Costantinopoli, la più grande città d’Europa, il che moltiplicava le difficoltà. Quando Nicolas Boileau diceva che «paragonato con Parigi, il bosco più selvaggio è luogo di sicurtà», esagerava appena.
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p style=”background-color: #e7e7e7; font-size: 10pt; padding: 15px; margin-left: 15px; margin-right: 15px; margin-bottom: 30px;”>Nicolas Boileau (1636-1711) ne Les embarras de Paris, pubblicato nel 1657, cioè dieci anni prima dell’arrivo alle responsabilità di La Reynie. « Le bois le plus funeste et le moins fréquenté est, au prix de Paris, un lieu de sûreté »
La pericolosità (e l’insalubrità) di Parigi giocò d’altronde un gran ruolo nella decisione reale di trasferire la corte, e anche gli organi di governo, dal castello del Louvre al palazzo di Versailles, trasloco effettivo a partire del 1682.
L’arrivo di La Reynie
Questa criminalità sfrenata fu a lungo considerata come un male irrimediabile. La goccia però che fece traboccare il vaso fu l’assassinio, a casa sua, di Jacques Tardieu, il lieutenant criminel (= il capo della magistratura parigina) il 24 agosto del 1665. Per un caso incredibile, ma che la dice lunga sulla criminalità a Parigi, a quell’epoca, il suo collega, il lieutenant civil Antoine d’Aubrais, finì anche lui assassinato nel 1666. Avvelenato dalla propria figlia, la celebre Marquise de Brinvilliers…
L’orgoglioso Ludovico XIV si sentì umiliato nel suo prestigio. Abolì le amministrazioni responsabili fino ad allora della sicurezza di Parigi, e il 25 marzo 1667 affidò al migliore dei suoi magistrati, Gabriel La Reynie, il titolo di «lieutenant de police», appunto creato per lui. Lo avrebbe ricoperto per trent’anni, fino al 1697. La sua vastissima missione era definita “vegliare alla sicurtà dei Parigini”. Il che esulava molto dalla lotta alla criminalità, ma comprendeva anche la vigilanza dell’igiene, della circolazione, lo sgombro dei rifiuti dalle vie, la prevenzione delle carestie e pestilenze ecc. E anche le censura dei libri e giornali, la sorveglianza delle ambasciate straniere, e dei parigini oppositori (almeno potenziali) all’assolutismo del Re Sole. Per la prima volta nella Storia, le missioni della polizia venivano definite e affidate ad un’amministrazione speciale, distinta dalla Giustizia, dal Comune o dall’Esercito.
Se l’opposizione politica al potere reale era allora (cioè, tra la fine della Fronda, nel 1653, e il rinascimento del potere parlamentare, verso il 1715-20) quasi inesistente, non si poteva dire altrettanto dell’opposizione religiosa. La persecuzione dei protestanti (costretti, dal 1685 in più, a convertirsi, pena le galere) e dei giansenisti aveva creato nella popolazione un’opposizione clandestina, ma forte a Louis XIV. Cui si aggiungeva che i rapporti diplomatici del Re Sole col papato erano sempre stati pessimi, che certi religiosi, specie i gesuiti, avevano nomea di essere spie… La maggior parte dell’attività dei sicofanti di La Reynie ere dedicata alla sorveglianza di chiese, conventi, librerie religiose ecc.
La Reynie, lavoratore instancabile, scoprì (e forse fu il primo a farlo) che il mestiere di «poliziotto» differiva da quello di soldato. Relegò gli «archers» a semplici servizi di guardia, e reclutò e addestrò (nella misura del possibile) una brigata di professionisti. Ben conscio della necessità vitale dell’informazione, La Reynie coprì anche Parigi di una discreta ma fitta rete di sicofanti presenti in tutti i ceti sociali. Ovviamente, La Reynie non poteva operare miracoli. I suoi mezzi finanziari non erano illimitati, e i suoi uomini non disponevano di nessuno dei mezzi criminalistici che conosciamo. Represse anche la mendicità, ma la miseria endemica nel paese era tale che non poté eradicarla totalmente.
Inoltre, la società parigina del ‘600 era una macchia inestricabile di privilegi intoccabili, nemmeno dal Re stesso. Chiese e conventi godevano del privilegio d’asilo, di cui i criminali approfittavano e abusavano. E il domestico di un nobile, anche se avesse commesso un delitto, non era punibile dalla Giustizia, ma esclusivamente dal suo padrone. Comunque, i più ricchi dei nobili disponevano di una schiera di “spadassins” (= bravi, in senso manzoniano) che costituiva un vero e proprio esercito privato e che, ben sovente, aveva la meglio sulla polizia.
Nel ‘600, i costumi, anche i più perniciosi, più forti delle leggi, erano quasi impossibili da abolire. Un altro esempio: i macellai e i conciatori erano concentrati sulle rive del fiumiciattolo Bièvre, il che era un focolaio, non solo di puzza per tutta la città, ma anche d’infezioni e di malattie.
Ormai scomparso sotto i fabbricati, il piccolo fiume Bièvre scorse a cielo aperto fino all’800.
Ma le corporazioni avrebbero sempre resistito agli ordini di La Reynie che voleva, per igiene, installare i conciatori fuori da Parigi. Lo stabilimento sulla Bièvre era un privilegio che risaliva al Medio Evo; e non volevano rinunciarci, pena cominciare una sommossa.
Ciò detto, è incontestabile che grazie a La Reynie e alla sua «polizia» la criminalità indietreggiò, facendo di Parigi la città più sicura d’Europa (tutto essendo relativo…). Il che contribuì a rafforzare il suo prestigio, a conferirle il nome di «Ville Lumière» a partire dal primo ‘700.
Fin dall’inizio, la professione di poliziotto non fu ben vista da tutti. Ma La Reynie non era solo un gentiluomo, ma anche un galantuomo. Rifiutò sempre di arricchirsi nello svolgimento delle sue funzioni (un’eccezione tra i magistrati di quell’epoca…) e si attirò così la stima, se non la popolarità, generale.
Fino alla rivoluzione, i magistrati non erano funzionari, pagati e, dunque, dipendenti dallo stato, bensì proprietari di una carica che avevano comprata, o ereditata. Erano quasi irremovibili, e soccombevano spesso alla tentazione di “far fruttare” il loro investimento.
La Reynie andò in pensione nel 1697, dopo aver scelto accuratamente il proprio successore, Marc d’Argenson (che restò in carica più di 20 anni dal 1697 al 1718). Quando morì, nel 1709, il memorialista Saint Simon, (spirito brillante, ma acerrimo e criticissimo verso tutti e tutto) lo definì:
“uomo di una gran virtù e di una gran competenza…
Nel suo posto, da lui creato, si è guadagnato la stima generale”.
La Reynie: è proprio l’unica persona di cui Saint Simon non ha mai parlato male nelle sue Memorie. Un altro titolo di gloria, insomma…
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Credits:
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p style=”font-size: 10pt; text-align: left;”>La foto di Place du Chatelet dalla Tour Saint-Jacques è di Jean-Christophe Windland [CC BY-SA 4.0], Wikimedia Commons.
La foto della lapide in onore di La Reynie è tratta da Wikimedia Commons / Mu [CC BY-SA 3.0]
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Ha scritto questo articolo
Bernard Hautecloque
“Tengo qui a ringraziare la mia amica Silvia per aver accettato di pubblicare alcuni articoli miei, nel suo interessantissimo blog lamiaparis.com. Rivolgendomi ad un pubblico italiano, ho steso i testi direttamente in italiano. Ma non si tratta ovviamente della mia lingua materna, e sono, nuovamente, grato a Silvia di avere corretto i miei strafalcioni più grossi. Va però ricordato che eventuali errori rimangono della mia sola responsabilità.”© Tutti i diritti riservati